Autonomia regionale differenziata: una comunità si interroga

Autonomia regionale differenziata: una comunità si interroga

Al convegno del 24 maggio in Calabria anche il Presidente della Diaconia Valdese CSD

Raccogliendo le fila di un dibattito iniziato nel 2024 in sede di Conferenza del IV Distretto e proseguito in aula sinodale, le Chiese valdesi di Messina, Reggio Calabria, Catanzaro-Vincolise, Dipignano e diaspora hanno organizzato – sabato 24 maggio presso San Ferdinando (RC) – una giornata di riflessione sul tema «L’Italia dei margini differenziati: l’autonomia regionale differenziata. Tra accesso ai diritti, diseguaglianze territoriali, smantellamento del welfare pubblico. In Calabria e non solo».

Gli spunti introduttivi offerti dai tre relatori – Daniele Massa (presidente Diaconia Valdese CSD), Domenico Bilotti (Università Magna Grecia-Catanzaro), Giorgio Marcello (Università della Calabria-Cosenza) – hanno creato la premessa per il confronto tra quanti/e hanno partecipato, muovendosi tra spazi istituzionali (sala consiliare del Comune di San Ferdinando) e spazi di pratiche virtuose (Ostello Dambe So, progetto Mediterranean Hope/FCEI), e dimostrando interesse e passione per il “bene comune”. Le diverse prospettive adottate dai relatori hanno messo in evidenza come la riforma dell’autonomia regionale differenziata vada ad incidere fortemente sul divario civile, rendendo di fatto i diritti di cittadinanza “differenziati”, portatori cioè di contenuti diversi a seconda dei luoghi abitati da cittadini e cittadine.

La sciagurata riforma non solo mette a rischio la coesione sociale del Paese, ma pure genera diseguaglianze, povertà e forte aggravio per quell’universalismo sanitario e quel diritto alla salute sanciti dalla nostra Costituzione. Il fecondo dibattito e l’ampio confronto partecipativo hanno allargato lo spazio di riflessione: centralità della persona, democrazia in crisi, diritti “mercificati” dunque sacrificabili (?), illegalità diffusa, politiche “spartitorie”. Tante le domande aperte: cosa va urgentemente fatto? Come riattivare i meccanismi partecipativi? È emerso quanto sia importante inserire i dati e le riflessioni in una “storia”, ossia raccontare – per condividerle – buone pratiche già in essere su questi territori. Il 24 maggio nella Piana di Gioia Tauro c’era una cittadinanza attiva, una “massa critica” capace di immaginare un futuro possibile, c’era una “comunità” che ha saputo condividere tutto: ascolto, pensiero, dibattito, esperienza, cibo.

Domenico Bilotti dell’ Università Magna Grecia-Catanzaro ha così commentato la giornata: «Esiste un attivismo solidale poco censito e che è invece una parte integrante del sistema che tiene in vita il sociale: è questa la Calabria che ho visto in opera a San Ferdinando, in un territorio di forti povertà diffuse e forse di non meno forti presenze criminali; una Calabria molto pratica e molto poco sbandierata, a volte sotto garantita, fatta di azioni solidali impegnate e concrete.

Sono intervenute associazioni di tutela della salute e dei diritti del malato, cittadini appartenenti a diverse confessioni religiose, migranti, esponenti della cooperazione, della scuola e delle università, attivisti delle reti dell’accoglienza dignitosa.

È un’Italia (e una Calabria) senza rappresentanza, ma che sa rappresentare se stessa laddove sia messa in condizione di esprimersi e agire. Ciò che conta è la rete di scambio di servizi che consente la condivisione concreta di opportunità abitative, lavorative e di cura, per non soccombere al dissanguamento del welfare che affligge il Sud Italia. Non a caso, il tema attorno a cui ci si è ritrovati è stato quello dell’autonomia differenziata: dei rischi che comporta, dell’attacco lungo oltre vent’anni allo spirito di coesione espresso negli articoli 2, 3, 4 e 117 della Costituzione.

Questo pezzo di Calabria affronta il presente e le sue sfide, ostinatamente e in direzione contraria».

Articolo ripreso da Riforma.it