Decreto Cutro
Cosa cambia con il nuovo decreto approvato il 5 maggio
Il 5 maggio la Camera ha approvato, con il sistema della fiducia all’esecutivo, la legge di conversione, del c.d. Decreto Cutro del 10 marzo scorso che dovrebbe apportare più sicurezza ai cittadini e alle cittadine ed evitare tristi eventi come quello appunto accaduto in Calabria il 25 febbraio in cui hanno perso la vita oltre 90 persone migranti provenienti dalla Turchia. La legge apporta diverse modifiche alla normativa vigente in materia di visti di ingresso per lavoro, viene introdotto il reato di “morte o lesioni come conseguenza di delitti in materia di immigrazione clandestina” e sono inasprite le pene per i reati già presenti di chi promuove l’ingresso irregolare di stranieri e straniere sul territorio. Non viene fatto cenno al rafforzamento dei soccorsi in mare né nulla si prevede per perseguire chi organizza i traffici di esseri umani (si persegue chi è nel ruolo di scafista ma non chi è a capo dell’organizzazione criminale). Vengono ridimensionati i servizi erogati dai progetti di accoglienza ovvero la prima accoglienza CAS e la seconda ovvero il SAI. Le persone richiedenti asilo politico, salvo poche eccezioni come ad esempio i beneficiari e le beneficiarie dei programmi dei Corridoi Umanitari o chi è profugo da Ucraina e Afghanistan, non potranno più accedere all’accoglienza in SAI ma dovrà loro essere riservata esclusivamente l’accoglienza in CAS in cui sono stati eliminati servizi essenziali come la tutela legale e l’insegnamento della lingua italiana.
La riforma più pesante riguarda la c.d. “protezione speciale”. Chi richiede asilo politico, oltre a poter beneficiare delle protezioni internazionali (status di rifugiato politico o protezione sussidiaria), dal 2020 poteva trovare tutela anche nella Protezione Speciale, che si esprimeva in due tipologie: la prima se il Paese di origine era soggetto a violazione sistematica dei Diritti Umani o se la persona era a rischio di tortura o sottoposizione a trattamenti inumani o degradanti; la seconda poteva essere riconosciuta dalle Commissioni Territoriali o dai Tribunali a seguito di un percorso di integrazione socio lavorativa positivo effettuato in Italia, comprensivo anche dei legami affettivi o familiari instaurati col tempo. Questa seconda tipologia, per le persone che richiedono asilo politico a partire dal 10 marzo 2023, e che è parte fondante del lavoro che i servizi di accoglienza per persone migranti e richiedenti asilo politico svolgono, è stata abolita dalla legge. E’ inoltre stata abrogata la possibilità, per le persone che si sono viste in passato riconoscere questa particolare protezione, di non poter più poter convertire in permesso di soggiorno per lavoro il proprio documento, questo oltre a creare precarietà e incertezza, impedisce alle persone che lavorano regolarmente di poter ricongiungersi con il/la partner e i/le figli/e rimasti nel Paese di origine.
“Ciò che preoccupa – dice Francesco Sciotto, presidente della Diaconia Valdese CSD - è che il legislatore abbia inteso precarizzare ancor di più la vita di chi, come i migranti, vive ancora oggi una condizione di estremo disagio. Le persone continueranno a viaggiare e a lavorare, come è ovvio, ma per farlo saranno costrette ad affidarsi alle mafie e a chi le sfrutta senza ritegno. Ancora più preoccupante è il fatto che chi ci governa crede, o vuole far credere, che se un pezzo della popolazione è spinta verso marginalità, illegalità e sfruttamento, tutti e tutte noi saremo più sicure. Questa storia ricorda tanto la vecchia storia raccontata nel secondo libro di Samuele, su Davide, Betsabea e Uria: un re che per coprire le proprie mancanze, persino i propri torti, manda allo sbaraglio il proprio popolo. La nostra chiesa ha la possibilità di scegliere: stare dalla parte della corte e del palazzo, o schierarsi con il profeta Natan, che smascherò le contraddizioni del Re Davide e lo spinse alla conversione. Noi continuiamo a pensare che l’unica via da seguire sia quella dell’accesso ai diritti e dell’integrazione.”