Demenza e Alzheimer: inaugurata la nuova ala del Rifugio Re Carlo Alberto

Anziani


Demenza e Alzheimer: inaugurata la nuova ala del Rifugio Re Carlo Alberto

Martedì 13 ottobre 2020 si è tenuta l'inaugurazione della nuova ala del Rifugio Re Carlo Alberto della Diaconia Valdese Valli, alla presenza della Moderatora della Tavola valdese, del Presidente della Diaconia Valdese, della Direttrice del distretto pinerolese dell'ASL TO3 e del sindaco di Luserna San Giovanni. Un progetto innovativo rivolto a persone con demenza e Alzheimer, settore sul quale il Rifugio possiede una esperienza pluridecennale. 

 

‘Continuità e cambiamento – ­ha affermato Giovanni Comba, Presidente della Diaconia Valdese - sono alla base dei servizi di sostegno al prossimo svolti dalla Diaconia Valdese: il nuovo progetto di ampliamento del Rifugio Re Carlo Alberto ha questa doppia valenza. La struttura è stata fondata nel 1898, nel 50esimo anniversario della concessione dei diritti civili a valdesi ed ebrei: 122 anni di attività che negli decenni si è sempre più orientata all’accoglienza delle persone affette da demenza. Con l’aumento del numero di anziani questa patologia è sempre più diffusa ed ecco il motivo di questo ampliamento: realizzato quindi per rispondere ad una domanda in crescita ma anche per introdurre un nuovo criterio di accoglienza che valorizzi le capacità residue delle persone, cercando di dare più vita ai loro giorni e non soltanto più giorni alla loro vita. Un progetto innovativo quindi, finanziato in massima parte dall’Otto per Mille della Chiesa valdese'.

A regime la struttura ospita 12 persone e vede l’occupazione di circa 5 persone con adeguata ed apposita formazione. Perché la nuova ala non è la classica struttura residenziale, bensì una casa che rivoluziona il modo di intendere la cura e l’assistenza alle persone con demenza, che vuole offrire loro la possibilità di vivere in un contesto libero e stimolante con l’assistenza e la protezione necessaria. Un luogo reale per rallentare il decadimento cognitivo e ridurre al minimo la disabilità nella vita quotidiana, offrendo alla persona la possibilità di continuare a vivere una vita ricca e adeguata alle sue capacità, desideri e bisogni.

Il nuovo nucleo del Rifugio è una struttura all’avanguardia con radici salde grazie all’esperienza e competenza che la struttura della Diaconia Valdese Valli ha conseguito in questi anni e la capacità di guardare all’estero, ai colleghi stranieri con i quali lavora e si confronta costantemente grazie alla rete EFID (European Foundations' Initiative on Dementia), del quale è parte dal 2014.

‘Il progetto nasce qualche anno fa –  racconta Marcello Galetti, responsabile della struttura – sull'onda della specializzazione nell'accoglienza di persone con demenza e degli altri servizi semiresidenziali e territoriali che il Rifugio ha sviluppato negli ultimi venti anni. Una volta trovati i soldi, siamo andati - io e l'architetto - in Olanda e a Treviso (ISRAA – Istituto per Servizi di Ricovero e Assistenza agli Anziani) a cercare ispirazione dal punto di vista architettonico e ciò che abbiamo tratto dalla visita è stato poi traslato nel progetto’.

La struttura è una sorta di "L", con 12 posti divisi in 4 camere singole e 4 doppie, tutte poste su un lato così da evitare una qualsiasi somiglianza alla classica corsia da ospedale. Grande importanza è data agli spazi comuni (molto sopra gli standard richiesti dalla norma), alla luce naturale (ci sono diversi lucernari dai quali arriva luce naturale, mai diretta) e agli arredi, curati dall’azienda Generali Arredamenti di Pistoia. 

Parola d’ordine del nuovo nucleo è flessibilità: no all’attività programmata e alla giornata scandita da tempi fissi e rigidi. Le giornate all’interno della casa sono strutturate il meno possibile, organizzate con ritmi ‘da famiglia’ e con la partecipazione attiva dei residenti anche nella preparazione del pranzo. Da ciò emerge un altro aspetto fondamentale: la scelta degli operatori ai quali è richiesta una mentalità assolutamente flessibile che consente loro di cambiare mansione in qualsiasi momento. ‘Un'idea è quella di non avere divise di lavoro – spiega Marcello Galetti –; no camici da infermieri/medici, bensì abbigliamento ‘casual’ (sebbene identificabile) anche per gli operatori di servizio così che gli ospiti vivano nella piena consapevolezza di essere a casa loro. Cercheremo di scegliere per l’organico persone giovani (di anagrafe o di spirito), con i quali condividere l'idea del ruolo sfumato fra OSS ed infermiere’.

La nuova ala è una vera e propria casa costruita su misura dei suoi abitanti: ogni camera (cioè ogni abitazione, spazio privato per eccellenza) presenta un insieme di ‘simboli’ (campanello, numero civico, targhetta, cassetta della posta, pellicola identificativa del proprio portoncino di ingresso, lampioncino individuale) che favorisce la personalizzazione, l’identificazione e di conseguenza l’orientamento autonomo. Gli elementi di arredo urbano, posti all’esterno delle stanze, intensificano la percezione dello spazio pubblico. Varcando la soglia invece, ogni posto letto ha un grande quadro retro illuminato: i comfort e le dotazioni tecnologiche ed ergonomiche si fondono in una progettazione che mira ad azzerare l’impatto ospedaliero e ad esaltare il calore domestico.

Lo spazio si snoda intorno ad una “piazza centrale” in cui si svolge la vita sociale dei 12 ospiti, intorno alla quale trovano spazio le funzioni accessorie:
·       il bagno assistito, che diventa un salone di bellezza, oasi di relax e di stimolazione multisensoriale calibrata
·       angoli del corridoio che diventano uno spaccato di paese, un momento di intimità per parlare con un familiare, uno spaccato di strada, un momento di sosta oppure di stimolazione controllata
·       la grande cucina terapeutica, con arredi studiati appositamente per le fragilità e nati per essere luogo di sperimentazione di terapie occupazionali

‘Uno dei punti forti della nuova ala è proprio la cucina – continua il responsabile del Rifugio – con la sua funzionalità che vede gli ospiti protagonisti attivi della preparazione del pranzo, e non solo. Per questo ci siamo ispirati ad una struttura belga (anch’essa parte della rete europea EFID), che ho visitato lo stesso anno del viaggio in Olanda, costruita senza una cucina centrale, perché ogni nucleo ha la propria’.

‘Un percorso importante e nuovo – conclude Galetti – che abbiamo fatto con il servizio competente dell'ASL TO3. La ditta che ha in appalto la cucina fornirà il cibo "grezzo" che verrà lavorato da chi opera e vive nella struttura. Se un giorno si mangia alle 12 e quello successivo alle 13.30, non è un problema: questo è ciò che accade in una famiglia. La cucina, inoltre, può essere usata anche dai familiari che possono fermarsi per il pranzo, per il tè, e in qualsiasi momento.’

Altro aspetto interessante è la volontà di coinvolgere il volontariato per supportare la preparazione del pranzo, ma anche per promuovere il rapporto fra struttura e territorio (caratteristica fondamentale per ogni struttura della Diaconia Valdese Valli), lavorare sull'invecchiamento attivo (perché i volontari potrebbero essere soprattutto ‘giovani pensionati’).

All’interno dello spazio, il pavimento è stato studiato senza via di fughe, con colori a pastello e non lucidi (le persone con Alzheimer tendono a vedere il vuoto, ad esempio, tra una piastrella e l’altra o pensano di camminare sull’acqua se la superficie è lucida), e con un percorso stabilito per far sì che il disturbo del ‘wandering’ possa spezzarsi all’esterno della struttura, trovando così altri stimoli dove fermarsi. Anche il colore scelto per le pareti è importante: adatti all’ambiente, quindi colori caldi che riflettono la luce senza essere abbaglianti.

‘La filosofia progettuale adottata per il nuovo nucleo Alzheimer del Rifugio Re Carlo Alberto di Luserna – prende la parola Marcello Barbafiera, titolare della Generale Arredamenti – è frutto di un’esperienza di oltre 20 anni nel settore. Il nostro metodo progettuale/formativo Me.di.Tè porta dentro la struttura momenti di quotidianità, automatismi di vita vissuta, entro la cornice di un habitat conformato appositamente per persone con malattia di Alzheimer. Le parole chiave sono: il mantenimento e la validazione delle capacità della persona, l’uso di immagini/elementi conosciuti in un percorso di autonomia, la progettazione ambientale di un setting che incoraggia la personalizzazione degli spazi, la comunicazione e l’orientamento spazio/temporale.

‘L’ambiente Me.di.Tè – prosegue Carlotta Ferri, architetto dell’azienda pistoiese – è un insieme di elementi che, globalmente, hanno un valore terapeutico capace di entrare in relazione, in comunicazione, con la persona con Alzheimer. In esso si trovano la cura del dettaglio e dell’estetica, l’attenta combinazione dei colori e delle texture, l’attenzione alla collaborazione tra luce naturale e illuminazione artificiale, ma anche arredi che sono stati riconosciuti presìdi medici riconosciuti dal Ministero della Salute (Poltrona Iremia) e una spiccata propensione alla flessibilità di spazi polifunzionali, capaci di adattarsi alle sempre più mutevoli esigenze di un Nucleo all’avanguardia come questo’.

La sinergia di un ambiente così strutturato e articolato con personale opportunamente formato rappresenta la prima e più efficace Terapia Non Farmacologica volta a contrastare i disturbi del comportamento: elementi fondamentali che, abilmente coniugati e declinati nelle diverse realtà, proseguono e perseguono la necessità di promuovere e portare avanti un’idea diversa della RSA (Strutture Residenziali Assistenziali).