Migranti
I primi effetti del decreto sicurezza: marginalizzazione e illegalità
Dopo alcuni mesi gli effetti del cosiddetto "decreto sicurezza" cominciano a concretizzarsi nel tessuto sociale e nella vita di molte persone.
Al netto delle questioni economiche, con la nuova impostazione dei Centri di Accoglienza Straordinaria si delineano servizi istituzionalizzanti che, anziché mirare all'autonomia e alla "normalizzazione" delle vite delle persone migranti, le riducono ad oggetti: il coprifuoco, cioè il rientro obbligatorio entro una certa ora, il divieto di fare la spesa e di cucinare il proprio pasto, l'obbligo di utilizzo di stoviglie e lenzuola monouso, impedendo ai beneficiari di prendersi cura di sé, impediscono loro di considerarsi cittadini in grado di occuparsi dei propri bisogni primari.
Molte piccole organizzazioni, cooperative ed enti, stressati da ritardi nei pagamenti e dalle incertezze generate dalle nuove norme, sono stati costretti ad interrompere i servizi di accoglienza. La gestione dei conseguenti trasferimenti da un centro di accoglienza ad un altro è avvenuta con logiche di sradicamento che ricordano tristi periodi: trasferimenti comunicati seduta stante senza la possibilità di portare con sé effetti personali, neanche i giocattoli per i bambini, interrompendo spesso percorsi di inserimento lavorativo, formazione e scolarizzazione. È successo più di una volta, e succederà ancora, che i bambini non abbiano neppure potuto salutare i compagni di scuola e gli insegnanti.
In un momento in cui, alimentate le paure, si induce la cittadinanza ad armarsi, si rischia al contempo di innescare una bomba sociale spingendo verso la marginalità e la precarietà persone oggi inserite in percorsi di inclusione e domani potenzialmente devianti prede delle organizzazioni criminali.
La marginalizzazione comporterà irregolarità e sfruttamento, ingrossando le fila dell'esercito dei lavoratori in nero. Meno lavoro, meno contributi, minor gettito d'imposte e, quindi, meno legalità.
Come chiesa esprimiamo profonda e convinta solidarietà nei confronti delle organizzazioni, degli enti, dei singoli che operano in favore dell'inclusione e dell'accoglienza, siano essi ONG che salvano le vite in mare, imprese che favoriscono l'integrazione attraverso il lavoro, comunità che accolgono, volontari che dedicano il proprio tempo a favore degli ultimi.
Il fenomeno migratorio deve essere governato dalla politica, con buon senso e lungimiranza, prevedendo corridoi sicuri per gli arrivi, supporto nei Paesi di provenienza, percorsi inclusivi nel nostro Paese. La nostra esperienza di attivazione di corridoi umanitari ha dimostrato che, unite all'accompagnamento nel nostro Paese, inclusione e integrazione non sono utopia buonista, ma operosa normalità.
Dovremmo forse interrogarci su quante risorse stiamo perdendo e che opportunità ci stiamo negando a causa di questo clima di odio e paura. Come il servo infedele della parabola di Matteo,25 stiamo dicendo che abbiamo avuto paura e questo ci ha portato a nascondere il talento: quante persone stanno arrivando alle quali impediamo di esprimere al meglio le proprie capacità? quanti giovani formati e pieni di speranze si troveranno bruscamente a dover abbandonare i propri sogni? Questa paura ci porta anche a sperperare il bagaglio di formazione, esperienza, dedizione, know-how acquisito in questi anni da una giovane generazione di operatori sociali.
Immagine: Ansa/Daniel Dal Zennaro