Migranti
I timori della Diaconia per il documento del Consiglio Europeo sui migranti
Il documento conclusivo del Consiglio Europeo, partorito a fatica nel cuore della notte del 28 giugno, è il risultato di una mediazione fra posizioni ed interessi molto distanti caratterizzati da quelli che una volta si chiamavano egoismi nazionali che ora sono identificati come sovranismi.
I risultati concreti sono molto pochi, se si escludono i fondi per l'Africa (pochi) e per la Turchia (molti), ma non è certo un documento politicamente neutro: esprime una unanime volontà di chiusura e di controllo poliziesco del fenomeno migratorio, dove l'Europa abdica ad una visione comune cedendo sovranità ai singoli stati.
Il documento, con dubbia legittimità, riconosce alla Guardia costiera libica uno spazio, anche geografico di manovra molto più ampio. E' doveroso ricordare che la Libia ha almeno due governi e una miriade di gruppi armati che governano pezzi di territorio. Molte inchieste hanno dimostrato che la Guardia costiera libica fa strutturalmente parte della filiera dei trafficanti di migranti con un proprio tariffario.
Si auspica la creazione di centri (piattaforme regionali di sbarco!) in paesi terzi dove effettuare il vaglio degli aventi diritto alla protezione. Questa opzione (l'esternalizzazione del "lavoro sporco") è stata immediatamente e fermamente respinta da tutti i paesi terzi interpellati (Libia, Marocco, Algeria, Egitto) malgrado le promesse di ingenti contributi economici.
La vera novità ideologica, culturale e politica si ritrova nella frase in cui si dichiara "chi viene salvato secondo il diritto internazionale debba essere preso in carico con il trasferimento in centri controllati istituiti in alcuni Stati membri, solo su base volontaria". Successivamente si parla di centri chiusi all'interno dei quali saranno vagliate le posizioni delle persone. Questo, tradotto in pratica, significa centri di "reclusione" enormi, con detenzione per lunghissimi periodi al termine dei quali per quelli riconosciuti titolari di protezione ci sarà l'improbabile ricollocazione in qualche paese europeo (su base volontaria come hanno preteso i paesi di Visegrad). Per coloro che non saranno riconosciuti titolari di protezione ci saranno improbabili decreti di allontanamento.
Quindi, la vera svolta è la segregazione delle persone, delle donne e dei bambini. Muri, filo spinato, polizia, istituzionalizzazione.
Sui movimenti secondari (i migranti che si trasferiscono dai paesi di primo ingresso in altri Stati membri in violazione delle regole di Dublino) problema che interessa molto il ministro degli Interni della Germania, il Consiglio europeo ricorda il "rischio" di mandare in crisi Schengen e chiede agli Stati membri di prendere tutte le misure interne necessarie a limitare questi movimenti.
In relazione al Regolamento di Dublino le conclusioni del Consiglio non propongono modifiche al Regolamento attualmente in vigore, ma variazioni ulteriori, in salsa timidamente solidaristica, a quella che è la proposta di riforma “originale” del Consiglio, che è però ben lungi dall’essere approvata. Così facendo, il Consiglio sembra non prendere minimamente in considerazione la elaborata proposta di riforma approvata dal Parlamento Europeo, né di fatto il suo fondamentale ruolo di co-legislatore europeo.
La Diaconia non può che esprimere le sue perplessità e i suoi timori per questo documento che abbraccia una visione securitaria, dimentica i doveri di solidarietà ed accoglienza e prelude ad un Europa arroccata ed escludente.