Territori che si ripensano
Nel convegno di Servizi Inclusione si è riflettuto sulle nuove sfide del nostro vivere oggi
«Inclusione e territori sono due parole chiave. Inclusione perché ogni persona ha diritto a un nome, a una storia, e territori perché la costruzione di comunità inclusive in cui tutti i suoi componenti possano svolgere un ruolo attivo e partecipe è un’esigenza della nostra società». Territori che accolgono dunque, secondo le parole della moderatora della Tavola valdese Alessandra Trotta; luoghi in cui costruire spazi solidali, in rete fra loro. Bologna è stata pioniera in Italia nell’ambito del coinvolgimento della cittadinanza alla partecipazione nella gestione e nella costruzione dello spazio pubblico. Allora gli splendidi spazi del Palazzo d’Accursio del capoluogo emiliano sono stati cornice ideale dove ragionare di nuove idee per ri-pensare gli spazi del nostro vivere comunitario, sia esso in città o in un borgo rurale nel convegno promosso da Servizi Inclusione della Diaconia valdese.
Proprio la questione delle disparità fra i territori rappresenta per Gianluca Barbanotti, segretario esecutivo della Diaconia, «una delle sfide più rilevanti di questa fase storica. Dall’isolamento delle aree periferiche, siano esse cittadine o rurali, al ripensamento necessario degli spazi in base alle nuove esigenze del nostro vivere moderno, tentiamo di ragionare su nuove risposte a nuove necessità».
Spazi che negli ultimi anni hanno visto modificarsi le loro peculiarità. I concetti di “centro” e “periferia" come li conosciamo tutti oggi hanno altri significati. Ne ha parlato Maurizio Bergamaschi, professore ordinario all’Università di Bologna nell’ambito della sociologia dell’ambiente e del territorio. «I territori si trasformano continuamente con una tendenza all’omogeneizzazione ma al tempo stesso mantengono le proprie differenze. Oggi assistiamo a due processi che caratterizzano Bologna, ma che potrebbero essere fatti propri anche in altre città: quello di periferizzazione e quello di centralizzazione. Abbiamo notato grazie all’incrocio di diversi dati in diversi ambiti di come si stiano “creando” dei nuovi centri, mentre zone considerate il cuore della città stiano lentamente diventando periferia. A livello di periferizzazione possiamo portare l’esempio dei senza fissa dimora, una volta concentrati nel centro oggi sono nelle periferie; al contrario la centralizzazione si ha a esempio con l’altra concentrazione di Airbnb in zone come quella a ridosso della stazione, con la creazione di un nuovo centro».
Daniela Ciaffi che insegna Sociologia urbana al Politecnico di Torino e svolge attività di ricerca e azione proprio sui temi della partecipazione e democrazia contributiva ha ricordato invece come l’Italia in materia di partecipazione privata al bene pubblico sia un esempio nel mondo: «i giuristi italiani sono riusciti a concretizzare concetti che possono apparire astratti, “sburocratizzando” la nostra pubblica amministrazione e dando così concretezza normativa ai patti di collaborazione che sono oggi oltre settemila in Italia: la cura di una giardino, un servizio di doposcuola, tante e tante esperienze di gestione congiunta dei nostri luoghi del vivere quotidiano». Si parla di sussidiarietà orizzontale, con cittadini e ente pubblico che dialogano alla pari in una nuova forma di volontariato, rinnovato rispetto ai canoni cui siamo abituati.
E' proprio su questo aspetto che Donato di Memmo (Responsabile Semplificazione Amministrativa – Affari Istituzionali, Decentramento e Città metropolitana) ha focalizzato il suo intervento. «Al momento ho la responsabilità del quartiere Navile a Bologna e dal 2014 abbiamo cercato di invertire il paradigma nel tentativo di favorire le iniziative dei cittadini tutti. L’amministrazione deve diventare soggetto dialogante e mettere a disposizione le risorse per la co-progettazione e non far calare le scelte dall’alto come spesso è successo in passato. Il ruolo pilota del Comune di Bologna dal 2016 in poi è stato quello di ascoltare le criticità dei quartieri e la sperimentazione ha funzionato esportando ovunque il sistema. Oggi è necessario che ogni ente stringa legami con le associazioni costituite e con i gruppi di cittadini per evitare la frammentazione sociale: in questa ottica l’anno scorso è stato approvato il regolamento per i beni comuni».
Spazio infine alle esperienze territoriali della Diaconia valdese, con un accorato racconto dei servizi offerti attraverso i Community Center dislocati in diverse città d’Italia: luoghi di aggregazione, sportelli informativi e punti di riferimento per il territorio, parte di una rete nazionale nata con lo scopo di supportare e orientare i bisogni delle fasce più vulnerabili della popolazione, promuovendo nei loro confronti azioni di sostegno ed empowerment. Per affrontare le grandi criticità delle nostre città.
Fonte: Riforma.it
Foto: Samuele Revel