Una pallottola non può essere la soluzione per i problemi di disagio mentale
Serve un sistema adeguato di assistenza per persone migranti fragili
Moussa è stato ucciso da un proiettile davanti alla stazione ferroviaria di Verona. Frequentava il Community Center di via Campo Marzo, dove gli operatori della Diaconia Valdese lo avevano conosciuto. Come molti altri, cercava di regolarizzare la propria posizione, trovare un lavoro e una sistemazione stabile. Tuttavia, Moussa non disponeva delle stesse risorse di tanti suoi compagni di viaggio. Era fragile, affetto forse da depressione e sicuramente da problematiche psichiatriche, anche se nessuno può confermarlo con certezza, poiché non era mai stato preso in carico come paziente.
Il sistema di assistenza per gli stranieri di recente immigrazione non è adeguato: le barriere linguistiche e culturali, unite alla carenza di risorse e personale qualificato nei servizi di salute mentale, ostacolano l’accesso alle cure necessarie. Di fronte a queste lacune, la risposta violenta di una pallottola non può essere accettata come soluzione, meno che mai nel paese che ha dato origine alla deistituzionalizzazione e alla chiusura dei manicomi, fondando un sistema di presa in carico sociale delle malattie psichiatriche.
Il disagio mentale è una malattia come le altre e merita la presa in carico al pari della demenza senile, dell’autismo, dell’alzheimer, dell’anoressia o della depressione. Non possiamo criminalizzare chi ne è affetto, né immaginare che ci siano fasce di popolazione immune da queste patologie. Il diritto alla salute, anche mentale, è un diritto universale.
Commissione Sinodale per la Diaconia